martedì 13 settembre 2011

Team working works!


Successo: Ottobre 2008 .
Raccontato: Settembre 2011 .

Francesco mi ha insegnato una cosa nella vita: il team working funziona, sempre!
Non importa se stiamo parlando di lavoro, di uno sport oppure di donne, se tu dai il meglio per il team il risultato per te è molto meglio di quello che avresti ottenuto da solo.
Non siete qua per sentire un discorso motivazionale se come eccellere nella vostra carriera, quindi vado diretto al sodo:
REGOLA NUMERO UNO: Due contro due è facile vincere.
REGOLA NUMERO DUE: Se molli la presa stai fottendo anche il tuo amico.
REGOLA NUMERO TRE: «You have to take one for the team», la vita è una ruota, la cozza con l'amica figa potrebbe scegliere te. Ricorda la regola numero due e sopratutto ricorda che la ruota gira.

Da qualche mese la domenica era la serata grigliata a casa Francesco e Henry: qualche antipasto e magari un primo piatto italiano, carne portata dagli ospiti, un dolce preparato da me e sopratutto vino in abbondanza offerto dall'azienda di Francesco. Per far spazio alla nostra cantina ho dovuto rinunciare all'armadio.
Per garantire la perfetta riuscita passavamo tutta la domenica pomeriggio ad invitare amici: compagni di lavoro, compagni di studi (che puntualmente arrivavano con piastre da DJ per ravvivare l'ambiente), amici italiani e sopratutto il piatto forte, il rituale.
Durante il brunch della domenica, dopo aver dettagliatamento illustrato le performance dell'incontro casuale della notta prima (o nei giorni negativi, dopo aver maledetto la poveretta che ci ha dato il due di picche), iniziavamo a ricordare tutti i numeri di telefono raccolti nella settimana precedente. Recitando abilmente la parte di chi si ricordava la faccia collegata al numero chiamavamo tutti questi telefoni invitandoli alla grigliata della domenica.

Sono circa le 19:00, sto armeggiando con un risotto e un dolce al cucchiaio, a ritmo di Bossa Nova (quanto è sexy il portoghese!), quando sento alle mie spalle:
«Permesso, possiamo entrare?»
«Avanti, venite pure»
Eccola, Jenny, un paio di anni meno di me. Un metro e sessantacinque, seni sodissimi e alti, fianchi leggermente larghi, ma culo sodo da atleta, lunghi capelli castani, perfettemente piastrati e lisci, faccia abbronzata da californiana autentica e denti bianchissimi. Ci siamo conosciuti venerdì all'uscita di un locale che stava chiudendo, due battute, uno scambio di numeri. Dubitavo venisse, mi sorprende.
E' con un'amica.
«Henry, ti presento Deena»
La bacio sulle guance:
«Piacere, Henry»
Non è degna di nota.

Jenny agita una bottiglia di limoncello:
«Pensavo di farti un piacere, questo è italiano»
Mi immagino noi mezzi nudi in camera da letto a bere limoncello:
«Fantastico, lo metto in freezer, così possiamo berlo noi due dopo con calma»
Sorride, probabilmente ha avuto lo stesso pensiero.
Non dimenticherò mai il rapporto speciale delle donne americane con le bottiglie di alcool, ancora oggi ho davanti a me almeno una dozzina di scene simili, ti guardano fisse negli occhi, un fianco leggermente sollevato, con la mano appoggiata sopra, agitano una bottiglia tenendola per il collo. In quell'esatto momento il mio cervello capisce che mi vogliono. Oltre ogni ragionevole dubbio.
L'amica di Jenny apre bocca, ha una voce stridula, quasi imbarazzante. E' ufficiale: è una cozza inscopabile.
Corro ai fornelli a controllare il mio risotto, mi seguono guardandosi attorno. Arrivano alla confezione formato famiglia di preservativi appesa al muro in cucina: ridono.
«In questa casa siamo per il sesso sicuro»
La cozza, sempre ridendo:
«Immagino questa sia appesa da due anni ormai»
«Hai ragione, vedrò di controllare se sono scaduti»
Nel frattempo arriva Francesco con la spesa, saluta tutti con eleganza. Mentre bacia Jenny mi guarda con la coda dell'occhio. Conosco quello sguardo, praticamente mi sta dicendo:
«Questa è una figa, dove l'abbiamo trovata?»
Mentre fa un paio di domande recitando da copione la parte del ragazzo interessato, Francesco cammina verso la camera e torna con due bottiglie di Shiraz:
«Dai beviamo un aperitivo»
«Yei, vino rosso»
La voce della cozza e la cozza stessa hanno già raggiunto il mio limite massimo di sopportazione, bevo di un fiato un bicchiere per evitare di iniziare ad insultarla.
I nostri ospiti iniziano ad arrivare verso le 20:00, dopo un paio di bottiglie di Shiraz e Cabernet a stomaco vuoto inizio a sentirmi ubriaco. La cena sopravvive alla mia ubriachezza.
Ormai ho perso il conto di quanta gente gira per casa. Nel frattempo Natalia è tornata con il suo ragazzo cinese; mi abbraccia e mi bacia in modo dubbio. Ok, questo week-end lui non l'ha scopata.
In giardino un paio di miei amici gay stanno intrattenendo la folla con dei racconti su di un after party dopo il gay-pride di San Francisco.
Nell'ultima ora la cozza ha fatto il suo dovere: è stata attaccata come un mollusco a Jenny, sono riuscito a scambiare giusto due parole ed alla prima battuta spinta ha fatto la faccia orrida, tagliando ogni possibilità di sviluppo.
Francesco sta flirtando con la brasiliana. Non ricordo (e forse non ho mai saputo) il nome di questa ragazza, ma ricordo un dettaglio esilarante, in tutti i sensi. Ogni qualvolta raggiungeva l'orgasmo scoppiava in una risata isterica. I muri in carton gesso tra camera mia e camera di Francesco mi aiutavano a mantener vivo il ricordo.
Ormai il conto delle bottiglie di vino aperte è impossibile, io sono ubriaco in mezzo ad una folla che ascolta il gay-pride visto dagli occhi di un ragazzo eterosessuale. Stranamente il racconto di me tampinato da una coppia di cinquantenni grassi provoca una grande ilarità. Per ricalcare al meglio il ruolo del buffone decido di raccontare delle due lesbiche che mi hanno trascinato in un bar per vedere che effetto mi facesse vederle baciare.
Ok, ho raggiunto il massimo livello di coglionaggine. Prendo una pausa bagno.
In coda in corridoio ecco cozza e Jenny, non so bene cosa abbia detto (se mai ho aperto bocca), ma Jenny inizia a flirtare ed abbracciarmi. Cozza è infastidita ed appena il bagno si libera la tira all'interno.
Penso di aver fatto una battuta sul potermi unire al party. Porta sbattuta in faccia.
Arriva Francesco:
«Allora quando segni la tacca con Jenny, ti vuole»
«Amico, sei sicuro?»
«Sei il solito coglione, vai adesso!»
«Come faccio con la cozza»
Amo il poter usare l'italiano e tutte le sue sfumature senza che gli altri attorno capiscano.
«Cosa fa la cozza?»
«Si mette in mezzo, non mi lascia scopare Jenny»
«Ok, ho capito, non preoccuparti»
Cozza e Jenny escono dal bagno.
Francesco sfoggia un sorriso verso cozza:
«Ecco dove eri finita, andiamo a bere uno shot»
Cozza si gira verso Jenny, ride e si allontana soddisfatta.
Jenny mi guarda:
«Non pensi dovremmo andare con loro?»
Le stampo un bacio in bocca. Finalmente posso tastare gli addominali ed i glutei scolpiti.
Jenny sembra sorpresa. Piacevolmente sorpresa se l'alcool non mi ha annebbiato troppo.
Cozza sta bevendo Tequila sale e limone.
Bacio di nuovo Jenny, finalmente adesso posso tastare le tette sode.
Francesco torna, tenendo cozza per mano, abbastanza ubriaca, ma finalmente con un'ubriacatura sorridente ed una voce meno stridula. Mi guarda:
«Henry noi andiamo in camera»
«Francesco, cazzo, e quella figa della brasiliana?»
«Beh quello è già scopata, sarebbe solo un raddoppio. E poi tu vuoi marcare la tacca o cosa?»
«Sei un grande»
«Me ne devi una cazzone»
«Ti amo!»
Si gira verso cozza:
«Hai visto che noi in questa casa non facciamo scadere i goldoni»
Scoppiamo a ridere tutti e quattro. Francesco è un genio.
Io e Jenny andiamo in camera, chiudo le porta e letteralmente la spingo contro. Inizia a spogliarmi. Inizio a spogliarla, non vuole togliersi il completino intimo.
Combatto un po' per toglierle il reggiseno. Perdo. Mi spinge sul letto , mi sfila i boxer ed inizia un pompino di tutto rispetto. Dopo qualche minuto provo ad alzarmi e sfilarle il reggiseno. Niente da fare.
Provo a sfilarle il tanga, niente da fare. Non smette di succhiare. Cazzo devo fare qualcosa, non posso finire con un pompino, non con lei almeno.
Mi alzo di scatto, rimetto le mutande e corro in cucina.
Apro il freezer, prendo la bottiglia, corro in camera. Timmy, un amico cubano è in corridoio, urla incitandomi vedendomi correre per la casa in mutande.
La faccia di Jenny è sconvolta:
«Dove sei andato?»
«Ho preso il limoncello»
Non ho mai capito se fosse un sorriso di felicità o di piacere estremo.
Dopo un'oretta la casa inizia a svuotarsi, dalla camera di Francesco si sentono gemiti. Jenny mi guarda e ride, non vuole essere da meno, inizia di nuovo a cavalcarmi. Tento un timido schiaffetto sul culo. Mi guarda e ride:
«Più forte, voglio che si senta di là!»


lunedì 5 settembre 2011

Santa Donna



Eccomi che guardo la spiaggia di Santa Monica mentro bevo una Corona gelida gentilmente offerta dalla signora di casa.
Meno di sei mesi fa pensavo che un lavoro da manager ed una BMW fossero tutto nella vita. Mi guardo ora: jeans strappati, maglietta con scritta Mexico (non capisco fino in fondo questa mia passione per l’America latina), infradito, faccia bruciata dal sole californiano ed una valigia con quanto mi serve. Forse il punto più lontano dalle mie aspirazioni infantili.
Valery mi guarda, sembra stia tentando di capire cosa passa per la mia testa.
Voglio godermi questo momento di felicità da solo, perchè dividerlo con qualcuno, in fondo me lo sono meritato.
Le leggo in faccia che vuole chiedermelo:
«Cosa stai pensando? »
Vorrei dirle che penso di aver capito cosa sia la felicità. Magari felicità è troppo, chiamiamola serenità. Non ne vale la pena, non capirebbe.
«Sto pensando a come staresti con il costume che hai appena comprato».
Sorride, il suo sguardo si illumina.
«Non saprei». Esita un attimo, vuole recitare la parte della ragazza insicura. “Non so se il mio culo è troppo grasso per questo tanga”.
«Forse hai ragione Valery» . Ecco la smorfia di disapprovazione. Aspetto per cinque secondi che la rabbia le raggiunga gli occhi.
«Ma sai, dovrei vederti per poter giudicare»
Ora vorrà farsi pregare.
«Vai affanculo, non ti faccio vedere proprio nulla».
«Dai Valery, ti prego, fammi vedere quel tuo culetto nel costume nuovo che hai preso».
Sbuffa e va verso il bagno.
Mi sto immaginando la scena: gonfia i pettorali e si schiaccia un po’ le tette per assicurarsi che siano ben in evidenza. Si volta di fianco verso lo specchio per guardarsi il culo. Si alza sulle punte spingendo il sedere in fuori per assicurarsi dell’effetto. Temporeggia un attimo riguardandosi.
Ecco la porta si apre, cammina come se stesse sfilando. Mi ha sorpreso indossando un sandalo con tacco. Mi guarda fisso negli occhi, nessun segno della ragazza insicura di prima: « Se dici una cazzata delle tue ti taglio le palle». Sorrido. «Allora come sto? »
Non le rispondo nemmeno, mi alzo dal divano e mi avvicino a lei.
La prendo per i fianchi e la giro di spalle, intravedo il suo sorriso.
Basta passarle la mano sulla schiena e baciarle il collo per sentirla ansimare.
Ho sempre avuto un istinto esibizionista. Una vista incredibile su una delle spiaggie più famose al mondo non mi aiuta a calmarlo.
In un secondo la finestra che prima mi ha fatto immaginare il mio futuro diventa il palcoscenico dove posso avere i miei cinque minuti di spettacolo personale.
Non importa che pochi o nessuno faccia veramente caso al nostro amplesso alla finestra, l'averlo fatto basta a soddisfare il mio istinto.
Valery sta fumando una sigaretta affacciata alla finestra, mentre io vago per la casa alla ricerca di acqua.
«Valery, non hai un cazzo da bere?»
«Ho acqua alle vitamine e birra»
«Come fai a bere questa roba, ha tipo 100 grammi di zucchero!»
«Sei il solito salutista del cazzo»
«Infatti non dovresti fumare»
«Dopo una scopata così cosa dovrei fare»
Mi piace quando Valery si toglie la maschera della ragazzina da scuola privata dall'educazione perfetta.
«Secondo me ti hanno sentito anche sotto in strada»
«Spero!»
Sorrido: «Sei una vacca»
«Sei il solito coglione, ti ho detto di non chiamarmi così»
«Oddio, hai ragione, non sai quanto mi dispiace»
Ride. «Ti ho già detto di non farmi incazzare»
«Ah sì? Altrimenti che cazzo fai?»
«Altrimenti mi tocca scoparti fino a lasciarti lì morto sul divano»
Esagero una grossa risata.
«Tu cosa pensi di fare scusa?»
«L'hai voluto tu!»
Sono sdraiato, finalmente trovo la forza di alzare la testa, Valery sta fumando, con le braccia incrociate sul petto, mi sta guardando.
Le sorrido.
Mi scambia un sorriso.
Il telefono inizia a suonare, corro, rovescio per terra le tasche dei pantaloni, lo prendo al volo:
«Dove cazzo sei finito coglione?»
«Ragazzi, scusatemi, arrivo a prendervi.»
«Vedi di fare in fretta, siamo in mezzo a neri che si sparano e polizia che gira da tutte le parti»
«Merda, arrivo»
Guido sul lungo mare tra Santa Monica e Venice Beach, una ragazza bellissima e sorridente di fianco a me. Penso a Kerouac: lui aveva una ragazza da amare in fondo alla strada. Il romanticismo è morto, io preferisco averla amata prima di godermi l'orizzonte.




venerdì 29 luglio 2011

Un vero amico è per sempre.

Accaduto: Agosto 2008

Non credo nell'amore. Non credo nei soldi facili. Non credo nell'anima gemella (se mai esistesse, la mia dovrebbe essere una persona terribile). Non credo che la vita sia giusta e dia a tutti le stesse possibilità. Non credo in dio (anche se spesso lo chiamo ad alta voce). Non voglio credere nel Karma (altrimenti sono veramente fottuto). Non credo Michael Jackson sia morto davvero. In cosa credo allora?
In due cose: la felicità esiste ed arriva da dentro di noi ed un vero amico è per sempre. Rispettalo, fatti in quattro per lui, no matter what!

Io sono stato un cazzo di fortunato nella mia vita: io ed il mio miglior amico a provarci spudoratamente con la stessa donna. Mi lascio scappare una minaccia fisica. Lui si ritira lasciandomi campo libero. Oggi siamo ancora come fratelli ed ho diverse storie di me e lui da raccontare.

Estate 2008, stiamo facendo un road trip attraverso la California. Si stiamo, ho avuto la gran fortuna di ricevere la visita di tre delle persone migliori che abbia mai conosciuto mentre vivevo nell Golden State. Ero troppo preso ad infilare il mio pene e cercare nuove donne a cui contagiare la mia felicità per organizzare un
viaggio.

Max (praticamente il fratello che non ho mai avuto), Giovanni ed Alberto sono già sopravvissuti ad una settimana con me. Nessun piano, nessun posto prenotato dove dormire, nessuna idea di dove stiamo andando, tanto alcool e poche ore di sonno.
Mentre siamo diretti a San Diego decidiamo di fermarci a far shopping in un outlet gigantesco, ok chiamatemi pure Metrosexual.

Carichi di borse ci fermiamo da Starbucks a bere un caffè. Quanto amiamo le care vecchie tradizioni consumistiche americane!
Di fianco a noi questa ragazza, bella. Bel fisico, occhi nascosti da un paio di occhiali immensi, un neo particolarmente sensuale appena sotto il labro. Gambe abbronzate e lunghe, una minigonna di jeans chiaro, una maglietta nera con profonda scollatura. Scendo a guardare i piedo: l'infradito purtroppo stona (mi aspettavo almeno un sandalo con tacco), ma almeno non mi provoca il fastidioso imbarazzo di sentirmi più basso di lei.
Non resisto:
"Ciao come va?"
"Bene e tu?"
"Wow, non sei americana, di dove sei?"
"Sono francese e tu?"
"Piacere sono Henry, italiano. Cosa fai di bello? Sei in vacanza?"
"No, sono qua come au-pair"
"ouch immagino tu stia odiando i bambini ora"
"No, no, assolutamente. Non lavoro con bambini. Faccio compagnia ad una signora."
"Come?"
"Si praticamente la accompagno a fare shopping, ai cocktail party quando il marito non c'e', andiamo in palestra. E poi parliamo francese."
"Il sogno della mia vita. C'e' posto anche per me. Naturalmente posso insegnarle l'italiano"
"Proviamo a chiederle, ma dubito il marito sia contento"
Giovanni ed Alberto sono in coda per ordinare, io e Max ci siamo seduti al tavolo della francese. Posso leggere negli occhi di Max che ora vorrebbe probabilmente trascinarla in bagno, ma il suo inglese livello principiante lo sta mettendo in difficoltà.
Gli traduco un paio di frasi, per inserirlo nella conversazione, Mi chiede di dirle che è bellissima e vorrebbe sapere il suo nome.
"Valery"
"Piacere lui è Max, Massimo"
"Piacere Maximo."
Ridiamo. "Valery, lui si chiama Massimo"
"A me piace Maximo."
"Va bene".
Nel frattempo arriva la signora, bellissima donna. Seni evidentemente rifatti, labbra ripiene di silicone, lunghi capelli neri, occhiali da sole, appena sovvrappeso, ma l'età da MILF cancella ogni difetto, Giovanni ed Alberto arrivano, cinque minuti di presentazioni con io e Giovanni a tradurre. Chiediamo due consigli su cosa vedere, dove fermarci a dormire, dove uscire la sera. La signora sembra informatissima, una guida turistica praticamente.
La signora guarda Valery:
"Dai andiamo, dai il tuo numero a questi ragazzi" e sorride ammiccante.
Dentro di me : che gran zoccola che sei, io vorrei il tuo di numero. Non ho mai chiesto ai ragazzi cosa avessero pensato. Scontato.
Valery mi chiede il numero, io le chiedo il suo:
"Non preoccuparti ti chiamo io"
Ok, vaffanculo, non chiamerà mai.

Si allontanano nel parcheggio.
Non riesco a scollare gli occhi dai due culi che si allontanano. Salgono in macchina, un cabrio che probabilmente non potrò mai permettermi in tutta la mia vita. Amo questo paese.

Dopo alcuni giorni siamo seduti in spiaggia in Orange County. Eravamo poco più che
adolescenti quando passavano OC sulla TV italiana, dovevamo un tributo al mito americano.
Mi squilla il telefono (io ho una mania ossessivo-compulsiva per il telefono, probabilmente il mio modo per sentire persone vicine), non conosco il numero rispondo sorpreso.

"Ciao sono Valery"
Il forte accento e i miei postumi della sera prima non mi permettono di capire.
"Scusa?"
"Sono Valery, non ti ricordi di me?"
Silenzio imbarazzante.
Sono un cazzone, la francese dell'Outlet.
"Ciao. Certo che mi ricordo, come stai?"
"Benissimo. Mi chiedevo se tu ed i tuoi amici foste ancora attorno a Los Angeles?"
"Si, siamo ad O.C."
"Ok, dammi l'indirizzo che vi raggiungo"
Non ci credo, mi guardo attorno, Max sta dormendo, vorrei svegliarlo urlando come una  ragazzina di 12 anni.
Le mando l'indirizzo, mi saluta dicendo che sarebbe arrivata in 2 ore.
Sveglio Max.
"Cazzo mi ha chiamato la francese e sta venendo qua"
"Non dir cazzate e lasciami dormire. Quella è una lecca passere e sta con la signora che la ospita."
"Beh se non ci credi vorrà dire che dovrò scoparla io e vediamo se davvero non le piacce un bel cazzone duro"
"Piuttosto che farla scopare a te la faccio scappare piangendo"
"Vedremo"
"Vedremo!"

Valery ci raggiunge, usciamo a cena, andiamo a bere birra in un paio di pub, Max trova una pazza che parla italiano: Ally, naturalmente non riesce a resistere alla tentazione di rispondere:
"Beh se tu ti chiami Aly io mi chiamo Babà"
Max ha un nuovo nome.

Arriviamo in albergo, una camera di quattro.
Valery ci chiede se può dormire da noi. Io e Max ci guardiamo, la fantasia comincia a viaggiare:
"Sicuro" dice Max.
"Ti rendi conto di quello che stai facendo?" dico io.
"Non preoccuparti vi tengo a bada tutti e quattro"

Entriamo in camera, Valery decide che dormirà sul divano. Aggiunge:
"Chi mi aiuta a prendere la valigia"
Non so come ma Max capisce la domanda e si precipita verso la porta.
Io lo rincorro, iniziamo a spingerci.
Ci guardiamo.
"Max, mi sa che stasera io e te la facciamo a pugni per lei"
"Ma inculati, allora vai tu"
Io e Valery scendiamo, lei apre la macchina e si siede al posto di guida.
Fingo di non capire.
"Non dovevamo prendere la borsa?"
"Ho bisogno di andare a comprare qualcosa, cerchiamo un 24 hour"
"Va bene".
Si mette alla guida, accende la radio, non riesco a non infilarle la mano tra le cosce. Sorride. Non riesco a non baciarle il collo. Si lamenta perchè non riesce a guidare. Sorride. Le sposto la spallina della maglietta e del reggiseno. Si lamenta perchè non riesce a guidare. Sorride. Non riesco a resistere alla tentazione di assaggiare un capezzolo. Sento una manovra brusca e sbatto la testa contro la portiera.
"Cazzo stai attenta"
"Ti ho detto che non riuscivo a guidare"

Ci fermiamo in un distributore, Valery parcheggia un po' lontano dall'ingresso.
Si piega su di me e mi apre i pantaloni. La sua mano scivola dentro le mie mutande.
La mia percorre la sua coscia, sposta appena il tanga. Ok, ci siamo Valery si piega e se lo prende in bocca. Dopo pochi minuti non resisto più, voglio scoparla a tutti i costi.

"Dai vieni qua"
"No, ci potrebbero vedere"
"Dai mi stai facendo una pompa, cosa cambia?"
"ok, hai ragione"
Le sfilo le mutande, sollevo la gonna, Valery si siede sopra di me e comincia a pompare come una matta. Si toglie maglietta e reggiseno e mi preme le tette in faccia.
Amo questo paese.
Entriamo nel negozio a comprare le cose più assurde che abbia mai visto. Decido di comprare dei dolci per la colazione dei miei amici.

Durante il viaggio di ritorno Valery sbaglia strada un paio di volte, ci perdiamo per le strade di Irvine, il silenzio attorno a noi è fantastico. Le strade larghe buie e vuote mi affascinano sempre tantissimo.

Valery mi racconta di Parigi, di quanto volesse scappere e di come le piaccia vivere in California. Mantenuta da una famiglia di milionari. Ha lasciato il suo ragazzo appena prima di partire e mi spiega che ha capito cosa voglia dire divertirsi.
Vorrebbe trovare il modo di ottenere una Green Card e vivere in America. Benvenuta nel Club.
I genitori sono molto anziani, lei è figlia unica ed è sempre stata trattata come una principessa. Hanno un piccolo negozio di restauro di mobili antichi ed a quanto pare la signora che la ospita è una delle clienti più importanti del business di famiglia.

Prima di salire in camera decidiamo di berci un paio di vodka redbull nel bar dell'albergo.
Risaliamo ubriachi sfatti. Decido di svegliare tutti annunciando che ho acquistato la colazione per loro.

Scopro a malincuore che essermene andato con una donna che aveva deciso di dividere la camera con noi non è stata un'idea molto apprezzata dal team.
Max mi lancia in faccia i dolci per la colazione urlando:
"Sei il solito mussulmano del cazzo. Aveva ragione Papà Alexander!"
"Dai Max non far così cazzo, non ho fatto nulla"
"Ma vai a cagare testa di cazzo"
Giovanni si gira a guardarci, è rosso dalle risate:
"Cazzo Henry, è tutta sera che questo sbrocca, non riusciva nemmeno a star sdraiato a dormire, continuava ad urlare che voleva scopare".
Spero con tutto il mio cuore che il francese non sia così simile all'italiano.
"Potevamo scoparla in quattro ed invece hai fatto il solito mussulmano".
"Dai Max sai che non sarebbe mai successo."
"Beh se non ci stava poteva andare a dormire nel corridoio"
Valery si mette a dormire.

Max decide che vuole l'aiuto da casa: decide di telefonare ad un nostro amico d'infanzia per chiedere consiglio.
E' troppo eccitato, non riesce a parlare chiaramente:
"California..." "Camera, albergo..." "Francese, nuda...."
Una pausa, finisce il discorso sconnesso:
"... cosa dovremmo fare?" In un secondo attiva il vivavoce. Giusto in tempo per sentire:
"Dovete scoparla in quattro"

Ridiamo tutti e quattro.
Con la coda dell'occhio guardo Valery, le mi vede, mi sorride e si mette a ridere anche lei.
Crollo a dormire.

lunedì 11 luglio 2011

Vodka o Champagne?

Tre giorni prima ho casualmente conosciuto una ragazza ad una festa universitaria, sono anche casualmente finito nel suo letto dopo la festa ed ora eccomi, su un aereo per Stoccolma ad andare a festeggiare la Pasqua.

Un volo Last Minute acquistato con Marco, altro ragazzo italiano exchange student in questa piccola città in Lapponia ed un grazie allo stato svedese per fornirci delle tariffe scontate in quanto studenti. Vi sto tornando il piacere tentando in tutti i modi di aumentare la vostra popolazione e continuare a supportare queste fantastiche politiche.

Arriviamo in aeroporto, bus, hotel, niente di interessante. Natalia mi telefona per la terza volta in meno di tre ora per vedere dove siamo, provo a darle l'indirizzo, non capisce. Il mio svedese e' penoso. Scendo alla reception, mi avvicino alla vichinga alla reception: oltre il metro e ottanta, bionda, occhi di ghiaccio, tette contenute a difficoltà dalla giacca doppio petto.
"Scusi, una mia amica deve passare a prenderci e non so spiegarle dove siamo"
"Si, prego, questo e' l'indirizzo"
"Può parlarle direttamente"
Le passo il telefono. Naturalmente e' imbarazzata e non si aspettava nulla del genere, per dieci secondi non sa cosa dire e poi inizia a parlare con la tipica cantilena scozzese: cazzo quanto e' eccitante questa lingua!
"Ecco fatto"
Riprendo il telefono.
"Bene Natalia, hai capito?"
"Si, dieci minuti e sono da te"
"Ti ringrazio... Ana"
"Di niente". Segue un gelido sorriso nordico.

Dopo anni c'e' qualcosa nelle donne che ancora mi stupisce: sei zero, trasparente, appena vedono che un altro esemplare femminile ti ha marcato cominciano a diffondere feromoni nella stanza!
Il gelido sorriso nordico aveva lo stesso significato.

Esattamente dieci minuti dopo Natalia arriva, naturalmente non sono pronto, Marco mi telefona:
"Il taxi ci aspetta"

Scendo le scale di corsa ed eccoli già in macchina, entro anche io, saluto. Ancora oggi, a distanza di anni, non sono riuscito a spiegarmi se Natalia si aspettasse più di un saluto oppure da brava ragazza nordica aveva capito che una "One night stand" era una cosa finita e si poteva essere amici.

In Svezia il venerdì sera non c'e' tempo per mangiare, puntiamo direttamente ad un piccolo bar, che fa gli shot migliori di Stoccolma. Appena io, Marco e Natalia entriamo non riesco a non celebrare la quantità di bionde sedute ai tavoli. Mi giro verso Marco e guardando il soffitto:
"Grazie Dio, amo questo paese"
Marco ride, Natalia è imbarazzata.
Il primo giro di shot va senza nemmeno accorgerci, due amiche di Natalia entrano ed ordiniamo altri 5 shot (presumo fossero assenzio o qualcosa di simile). Io inizio a bere birra per sciacquarmi la bocca.
Dopo dieci secondi netti ci sto provando con Ana, una delle amiche: circa un metro e settanta, molto abbronzata, capelli castani, occhi azzurri, braccia e gambe ben definite ed un vestito nero aderente che sottolinea un culo perfetto. La mia bassa tolleranza all'alcool ha tolto il filtro tra dove il mio cervello volesse essere e quello che dico ad Ana.
"Ana dove abiti? Perchè non lasciamo qua tutti ed andiamo da te?"
"Dai smettila, voglio uscire con le mie amiche, bere qualcosa e divertirmi!"
"Ana sei così sexy che non riesci a resistere"
"Ehi, calmati, mi conosci da cinque minuti"
"Non sono nemmeno cinque minuti. E poi lo penso da quando sei entrata"
"Dai beviamo ancora qualcosa"

Ordiniamo due birre, provo a pagare per lei, si arrabbia, non riesco. Amo le donne vichinghe.
Intanto Marco sta chiaccherando con Natalia, sembra sia interessato a lei. Lo guardo e in italiano:
"Dai Marco che lei stasera ci sta. Mi sembra abbia voglia"
"Ma come, non ti dispiace?"
"Ma va, ormai è marcata"
Esplode a ridere. "Sei un cazzone"
"Vai tranquillo"
"Ok, grazie. Comunque penso che anche qualla Ana ci sta con te"
"Marco non dire stronzate. Lei è una figa. Guarda me invece. Non c'e' modo"
Natalia propone di andare a ballare in un locale famoso di Stoccolma, Undici. Mai sentito, annuisco, un posto vale l'altro.
Saliamo sul taxi, dopo la prima curva comincio a sentire l'assenzio risalire l'esofago. Mi guardo allo specchietto, sono bianco come un cadavere.
Per fortuna sono solo 5 minuti di strada, mentre Natalia paga il taxista l'assenzio riscende l'esofago.
Natalia scende si gira verso di noi:
"Voi aspettate qua, non so se riesco a farvi entrare"
"Come?"
"Sì, non preoccuparti"
La vedo camminare verso l'ingresso di questo ristorante, parla con i due buttafuori vestiti di nero, loro si sporgono a guardare il taxi, ci fanno segno di andare verso di loro.
"Prego signori, benvenuti"
Siamo dentro.
Natalia si ferma a parlare con un elegante signore in giacca, camicia e cravatta nera, lui si avvicina ed in un'italiano con un fortissimo accento straniero:
"Benvenuti, fa piacere vedere amici italiani"
"Piacere mio, bel posto!"
"Grazie, divertitevi"
Si allontana verso il centro del bar.
Natalia mi spiega che il proprietario era un giocatore di calcio che ha fatto parte della sua carriera in Italia. Un amico del padre.
Andiamo verso il bar, Ana e l'altra amica ci raggiungono, ordiniamo qualche birra. Ho la pessima idea di raccontare che quasi vomito sul taxi ed eccomi diventare il giullare della serata. Tutti attorno ad ascoltare gli aneddoti di Henry e l'alcool e ridere come matti.
Mi sto vergognando troppo, decido di andare a ballare, appena mi avvicino al bordo della pista incrocio lo sguardo con una donna che si sta scatenando in mezzo alla pista. Non riesco a descriverla, non sono per niente preoccupato di questo. Inizio a ballare con lei, mi concentro, ma non riesco a parlare. Incrocio lo sguardo di Ana, sta parlando con un due ragazzi, tipici nordici, alti, biondi, magri. Ok, non ho speranze.
Mi concentro sulla donna con cui sto ballando, le chiedo il nome, mi risponde e naturalmente non capisco. Mi chiede da dove vengo:
"Sono italiano"
"Cosa fai a Stoccolma"
"Sono in vacanza, studio nel nord della Svezia"
"Bravo il mio studente, quanti anni hai?"
"23"
Sorride. Ok, non sono troppo giovane.
"La tua ragazza e' in mezzo a quel gruppetto"
Indica i miei amici, li guardo, Marco sta baciando Natalia, sembra voglia sdraiarla direttamente sul bancone. Ana è rimasta a parlare con l'altra sua amica, sembra annoiata.
"No, sono solo amici, non ho una ragazza"
Sorride di nuovo. Mi bacia. Cazzo non è un bacio rubato, è un bacio che significa: stasera voglio portarti a letto.
"Vieni andiamo a bere qualcosa"
Dentro di me so che è una pessima idea.
"Ok andiamo"
Ci avviciniamo al bancone, un uomo è seduto e ci guarda sorridente, lei si avvicina a lui.
"Cosa bevi, vodka o champagne?"
Dentro di me so che dovrei bere champagne.
"Una vodka. Vodka tonic"
"Ti presento mio marito"
Di colpo non sono più ubriaco. Sono fiero di aver ordinato della vodka.
"Scusami?"
"Piacere Gustav, lei è mia moglie"
"Piacere Henry"
Non so cosa aggiungere
Gustav si alza, prende la giacca e si allontana salutando.
Non ho ancora aperto bocca.
Lei è seduta su uno sgabello da bar piuttosto alto, mi dice "Dai vieni qua", apre le gambe e mi tira verso di lei. Posso sentire il caldo della sua patata mentre mi prende per i capelli e mi bacia.
Vedo il barista appoggiare i bicchieri sul bancone, ne approfitto per prendere fiato.
Lei inizia a parlare io mi giro e vedo al mio fianco una bellissima donna, probabilmente di poco oltre i 35, capelli liscissimi biondi, naso all'insu tipico scandinavo, pelle chiara leggermente macchiata di lentiggini, un vestito nero, sorretto da una grossa cintura, calze scure, scarpa chanel nera. Lei mi sta guardando e fa un gesto di disappunto.
Mi giro verso la donna sposata:
"Scusa vado un secondo in bagno"
Prendo il mio bicchiere e mi allontano, assicurandomi che l'altra donna mi veda.
Arrivo davanti al bagno, mi fermo e mi giro: bene, mi ha seguito.
"Ciao, non ho capito quello sguardo di disapprovazione"
"Lei è una brutta persona, prova sempre a portare a letto ragazzi giovani"
"Davvero? Grazie del consiglio, ne terrò conto"
Non ho capito questa uscita, faccio per aprire la porta del bagno.
Lei insiste:
"Volevo solo avvertirti"
Forse sono un po' più sobrio, ho capito come sfruttare questa occasione.
"Non è che magari vuoi assicurarti che non mi accada nulla di male?"
"In che senso?"
"Beh beviamo qualcosa insieme, almeno puoi controllare che non mi accada nulla"
"Va bene, volentieri"
Mi giro verso il bar e, cazzo, l'altra è ancora là.
Non ho bisogno di dire alcuna parola, lei mi guarda:
"Prendiamo le giacche ed andiamo da un'altra parte"
Dò una rapida occhiata, non vedo Marco, non voglio andarmene senza dir nulla.
Mi avvicino al guardaroba, dalla porta aperta lo vedo fuori a fumare (non sapevo fumasse!) con Natalia. Bene, ora sono tranquillo.

Usciamo, Marco mi vede e viene ad abbracciarmi. E' ubriaco perso, mi dice che mi ama e che sono un grande, saluto Natalia: "Ciao cara, prenditi cura del mio amico. Ha bisogno di fare una bella scopata". Natalia sorride.
Nessuna discussione, nessun litigio, la vita può essere così facile a volte.

Saliamo su un taxi, lo ammetto sono imbarazzato.
Tanto vale provarci, mi avvicino e le stampo un bacio in bocca, ci stà. L'imbarazzo è passato, dopo pochi minuti il tassista si ferma. Recupero qualche banconota spiegazzata dalla tasca posteriore, sembrano sufficienti.

Arriviamo all'ingresso di un condominio.
"Scusa la domanda, ma tu come ti chiami?"
"Io sono Linda e tu?"
"Henry, piacere"
Saliamo due piani, apre la porta, eccomi arrivato in una esposizione di arredamento IKEA, accogliente però.
Linda da brava nordica accende una lampada davanti alla finestra.
Apre il frigorifero e prende due birre. Non ho alcuna voglia di bere altro alcool, inizio a baciarla e tastarle il sedere sodo. Anche i seni sono sodi, troppo. Per la prima volta nella mia vita ho toccato delle tette di silicone, piacevole.

Dopo la prima scopata ci addormentiamo sul divano. A dir la verità tra il battito accelerato, la scomodità del divano io rimango più in una fase di dormiveglia che sonno vero e proprio.
Mi guardo attorno, Linda sa come vestirsi, la scarpa sul tappeto è molto sexy, tacco attorno ai 10 cm, bella pelle lucida, lunga punta. Anche lei è molto sexy, puoi notare le prime rughe attorno agli occhi, che la rendono ancora più interessante, ha delle gambe lunghe e snelle ed un piede particolarmente fine. Ok, ora ufficialmente non riesco a dormire, comincio a baciarla delicatamente sperando di svegliarla. Cazzo non si sveglia, inizio a baciarle i capezzoli (ho scoperto solo qualche ora dopo gli effetti collaterali del silicone). Ok, non riesco.
"Linda" "Linda"
"Uhm..."
Si alza, vede la mia testa tra le sue gambe:
"Non hai sonno"
"No cazzo, son troppo eccitato non riesco a dormire. Sei troppo sexy"
"uhm... va bene"


Probabilmente dormo tre o quattro ore, Linda si sveglia, io mi rivesto.
"Vuoi una guida per Stoccolma"
"Volentieri"
Appena svegliato volevo scappare, ma dai ne vale la pena.

Una bellissima giornata, camminata nella via vecchia, pranzo in Sture Plan, camminata ancora sulle varie isole. Mi riaccompagna in hotel.

Amo Stoccolma.

giovedì 30 giugno 2011

Idromassaggio disastro AKA Mamma e papà hanno sempre ragione

Accaduto: Maggio 2008 .

Qualche mese prima avevo letto "Papà Goriot" di Balzac, rimanendo affascinato dalle figure di Goriot e Eugene. Per chi non li conoscesse: Eugene era uno studente a Parigi deciso ad entrare nell'alta società. Goriot invece era un borghese una volta ricchissimo, ma ridotto in povertà a causa dei vizi delle figlie. I due instaurano un rapporto fantastico, praticamente il giovane vede in Goriot il padre che avrebbe sempre desiderato.
Arrivato negli Stati Uniti trovo un caffè fantastico, con internet gratis e i migliori dolci della città. Il proprietario è un simpaticissimo cinquantenne originario dei Balcani, ma residente in America da almeno vent'anni. Appena scopre che sono italiano sfoggia un incredibile "Grande amico, stasera andiamo a scopare". I suoi numerosi viaggi in Italia da giovane e la sua passione per il nostro paese e la sua gente gli hanno permesso di imparare la nostra lingua e mantenere il suo gergo aggiornato con i tempi.
Cosa rispondere ad un invito "Stasera andiamo a bere una birra, ho visto dai tuoi occhi che sei sveglio, sei giovane devi aiutarmi a trovare una ragazza da scopare"
"Mi piacerebbe, ma sai sono uno studente, domani ho lezione"
"Ricordati questo: una vita sola."
Poche ore dopo siamo seduti a bere birra sotto un caldo infernale.
Sinceramente ancora oggi fatico a capire il perchè, ma spesso divento il confessore personale delle persone più vicine. Avete presente quel giorno in cui volete lamentarvi del lavoro, della moglie, della fidanzata gelosa, del fidanzato che non vi tromba,  degli esami a scuola, dell'idraulico che non ha fatto il suo lavoro, dei figli adolescenti? Ecco io sono quello che ascolta le lamentele.
Nella prima ora al pub ecco le lamentele sulla terza moglie, sulle due figlie viziate, sui democratici americani, unite alle avventura di un ventenne europeo negli Stati Uniti degli anni 80 fanno sì che Alexander diventi Papà Alexander. Ufficialmente ho trovato il mio modello. E non è grande statista oppure un giocatore di calcio, è semplicemente un ragazzo che si è fatto da solo, con il fisico di 50 anni e l'anima ferma a 20 anni.

Dopo la prima ora Alexander ha fermato tre sorelle, americane, con evidentissimi tratti messicani. Unghie finte  colorate pesantemente, tacco oltre i dieci centimetri, carnagione olivastra, fortunatamente snelle e sopratutto ridono, si divertono, vogliono bere e ridere.
Alexander non si ferma, ordina birra su birra, con il risultato che sono troppo ubriaco per capire una conversazione in inglese ed il mio lato più sicuro è ormai uscito: per stasera è finita. Fortunatamente la differenza di età mi ha dato un vantaggio: Alexander è troppo stanco:
"Ragazze, sono stanco, ora devo andare"
"No Alexander, non andartene, stai qua ci stiamo divertendo"
"No, non posso proprio" e indicando me "e poi devo dare il latte al piccolo e metterlo a dormire"
Tutti ridono, io incluso.
Sorella media mi guarda fisso negli occhi, mi scompiglia i capelli (qualche birra in meno e l'avrei trascinata in bagno per quel gesto): "Hai ragione, guarda, se non fosse così giovane..."
Alexander: "Dai rivediamoci domani sera, datemi i vostri numeri"
Dentro di me stavo già ridendo, figurati se queste tre danno il numero di telefono ad un vecchio.
Sorella più matura:
"Ana leggi il mio numero che io non lo ricordo a memoria"
Rimango stupito, come può essere.
Sorella media mi metta una mano in mezzo alle gambe: "Io domani non ci sono, voglio vederti il giorno dopo"
"Non ero troppo giovane"
"Stai zitto e scrivi il mio numero prima che cambi idea"

Papà Alexander mi porta a casa, provo ad entrare dal retro, la porta è chiusa a chiave, mi siedo sulla sdraio.
Francesco mi sveglia, sta andando al lavoro. La mia vescica urla per essere svuotata. Le prima quattro ore di lezione con mal di testa post-sbornia sono un inferno che non auguro al peggior dei miei nemici.
Passo al caffè il pomeriggio per lavorare un po' sul mio progetto.
Appena entro vedo Alexander che inizia a ridere, urlare e saltare per la felicità:
"Avevo detto che avevi talento"
"Papà Alexander non ho fatto niente"
"Tu devi solo essere lì"
"Sei tu il grande, come fai?"
"Guardami, guarda il mio corpo, diresti che ho più di cinquant'anni? E poi io sono felice, amo la vita e sorrido. Ricordati: una vita sola, cazzo. Non te ne danno una seconda"
"Amen"

Apro il mio portatile ed inizio a preparare il mio progetto.
Nonostante la musica nelle orecchie sento Alexander ridere ad alta voce, quasi urlando. Mi giro ed eccolo, parlare con una signora molto elegante, i numerosi interventi di chirurgia estetica nascondo bene i suo cinquant'anni.
Tolgo gli auricolari proprio mentre Papà Alexander mi sta indicando e riesco a sentire:
"Sì, lui è Italiano"
La signora mi guarda: "Bene, dovresti conoscere mia figlia"
Sono perplesso, non so nemmeno cosa dire.
"Henry, la figlia della signora è stata un anno a studiare a Roma, è tornata da pochi giorni e sente nostalgia dell'Italia"
"Volentieri, magari se vuole parlare italiano posso aiutarla"
"Sinceramente penso voglia un ragazzo italiano e tu sei molto carino"
Ok, sono ufficialmente imbarazzato. Ora comincio a temere cosa Alexander possa rispondere.
"Annette, sai che lo fai conoscere a tua figlia lei lo scopa di sicuro?"
Annette scoppia a ridere ed estrae il telefono dalla borsa: "Ciao Jordan, sono qua al Caffè Venezia, passa, c'è un ragazzo che dovi conoscere".
Alexander da il meglio di sè, sta urlando nel suo caffè, le cameriere si fermano a guardarlo:
"Henry, stasera boom-boom, stasera devi scoparla", il tutto battendo il pugno sinistro chiuso contro il palmo destro tanto per assicurarsi che io capisca.
La madre mi saluta gentilmente, stampandomi un bacio tra guancia e bocca e se ne va.
Bene, ora arriverà una cicciona, oppure non arriverà nessuno ed io farò la figura del coglione, torno al lavoro.
Dieci minuti dopo sento ancora Alexander urlare, mi giro ed eccola. Sono sobrio, è un sei e mezzo, intorno al metro e sessanta, formosa, tette gigantesche, bionda tinta, occhi azzurri ed una faccia innocente. Non sembra proprio la madre.
"Piacere Henry"
"Piacere Jordan"
"Vuoi parlare italiano?"
"Sì volentieri"
Ci sediamo al sole, nel giardino di fronte al caffè ed iniziamo a parlare, fortunatamente non sono l'unico a disagio.
"Così sei stata in Italia?"
"Sì"
"Ti è piaciuta?"
"Sì"
"Roma vero?"
"Sì"
Cazzo non ci siamo. Silenzio imbarazzante. Dopo dieci secondi devo ringraziare le mie sorelle ed il loro parlare in continuazione, mi hanno insegnato veramente cosa dire e come dirlo:
"Ok, tua mamma e mio papà sono fantastici"
"Sì, mia mamma è veramente pazza, a volte penso debba prendermi cura di lei. Ma lui è tuo padre? Non vi assomigliate."
"No, lo chiamo Papà Alexander, è un caro amico, forse il tipo di padre che avrei voluto avere".
Ride.
"Lui è simpaticissimo"
Ci siamo, ho trovato l'argomento giusto. L'ora seguente procede tranquilla, mi racconta un paio di storie sul suo periodo in Italia e capisco che non è proprio la ragazza timida della prima impressione.
"Fa caldo, che ne dici di andare a casa mia in piscina?"
"Volentieri, ma dobbiamo passare da me a prendere il costume"
"Ok"
Mentre pedaliamo verso casa:
"Così vivi con tua madre ora?"
"No, no divido un appartamento con un amica in un residence, tra la settima e la B"
Per fortuna, l'imbarazzo di veder la madre sarebbe stato troppo.
Passiamo un paio di ore in piscina a bere birra e Mohito, conosco tutte le sue amiche e Jordan inizia a strusciarsi mentre stiamo a bordo piscina, l'erezione che mi provoca mi impedisce di uscire dall'acqua per diverse ore.
Si fa tardi e già alticci decidiamo di giocare a beer pong nel loro appartamento. Ovviamente io e Jordan perdiamo ed eccoci totalmente ubriachi.
Stiamo facendo uno show sul divano di casa, quando lei di scatto si alza, mi prende la mano e mi trascina verso la porta. Sta quasi correndo, entra nella vasca idromassaggio e si toglie il bikini, mi guardo intorno, a dieci metri da noi ci sono una decina di ragazzi asiatici in piscina che stanno facendo uno strano gioco con la palla: la guardano ridendo.
"Dai vieni qua a farmi compagnia, l'acqua è perfetta"
Barcollo sulla scaletta, rischio di cadere due o tre volte, ma entro.
Mi si siede a cavalcioni sulle gambe. Ok cazzo, ora che faccio. Va bene che non so dire di no, ma merda quelli ci vedono, mentre Jordan mi bacia il collo mi giro a guardarli: sono troppo impegnati a giocare, non guardano.
Jordan mi slaccia i pantaloncini.
Mi rigiro a guardare gli asiatici, ridono e giocano. Cazzo cosa faccio?
Jordan sale leggermente dall'acqua e mi appoggia le tette in faccia. Vaffanculo, non riesco a trattenermi.
Afferro il laccetto del costume da bagno e lo tolgo.
Jordan inizia ad ansimare, ok spero non sentano, tento di girarmi a controllare, non riesco.
Jordan inizia ad ansimare ad alta voce, mi giro, stanno ancora giocando e ridono. Beh speriamo si godano lo show.
Jordan sta urlando sommessamente, mi morde il labro, lancio un gridolino sommesso. Sento ridere.
Non sento più niente.
Non so quanto sia stato lì con la testa appoggiata a guardare le stelle, a guardare il mio costume da bagno galleggiare tra le bolle, ma il cielo di una giornata serena ha un certo fascino.
Una ragazza sui trenta arriva da noi, mani sui fianchi:
"Fare il bagno nudi non è permesso dal regolamento, devo chiedervi di rivestirvi"
"Dovevi arrivare dieci minuti fa, quello sarebbe stato divertente"
Mi guarda stupita. Mi rivesto, Jordan mi guarda, ride: "E ora Walk of Shame"
Non avevo capito subito cosa intendesse. Dopo i primi tre passi a bordo piscina, tra risate e urli ho capito immediatamente.

Jordan dopo un paio di mesi è andata a studiare sulla East Coast, ho perso tutti i contatti, non sono stato nemmeno capace di ritrovarla su Facebook.
 La mamma di Jordan mi ha invitato diverse le volte durante l'estate a prendere un caffè con la figlia e le amiche. Non nascondo che ho fantasticato diverse volte su di lei. Lei lo sapeva e ne andava fiera, probabilmente teneva troppo alla figlia per fare una simile cazzata.
Le sorelle messicane: un altro capitolo interessante della mia vita.


Papà Alexander: ne sentirete parlare ancora spesso.


martedì 28 giugno 2011

Dal mio appartamento ho una bella vista sulla Baia

ACCADUTO: Luglio 2008.

"L'inverno più freddo di tutta la mia vita? Un'estate a San Francisco" . Nessuno saprà mai se Mark Twain abbia veramente detto questa frase, ma io vi assicuro di averla parafrasata unita a svariati e coloriti insulti.
Se sei uno studente di ingegneria con in testa il sogno di inventarsi qualcosa di grande prima o poi da queste parti ci capiti.
Io ero un exchange student nel nord della California, Frisco era la mia meta preferita per trascorre dei week end rilassanti dopo una settimana passata sui libri.

Sabato mattina, ore 10 e qualcosa, troppo presto per capire esattamente cosa stia succedendo, ma sono diversi minuti che questa musica mi rimbomba in testa. Forse è il mio telefono. Mi alzo troppo in fretta, due martelli mi picchiano sulle tempie. La musica smette, mi alzo comunque per cercare dell'acqua fresca da bere, non riconosco il sapore che ho in bocca, ma ricorda vagamente Tequila.
Sono fortunato, in frigorifero c'è acqua. Nessun bicchiere, direttamente dal fustino. Per chi non è mai stati negli Stati Uniti, qua tutto è grosso: l'acqua si vende a galloni. Bere direttamente dal fustino implica nel 90% dei casi uno sbrodolamento, naturalmente mi lavo petto e addome, l'acqua gelida comincia a raggiungere le mutande. Sento come se qualcuno mi stesse mettendo del ghiaccio sotto i testicoli, urlo ed intanto mi soffoco con l'acqua. Mentre sto tossendo si apre la porta della camera di Natalia (vi racconterò i dettagli in futuro), che mi guarda un po' assente: "Tutto bene?" . Non riesco a pensare ad altro che alle sue tette contenute in un reggiseno troppo piccolo. Niente altro a coprirle. Istantaneamente non sento più freddo ai testicoli.
"Smettila di guardarmi così, oggi niente"
"Come oggi niente?"
"Arriva il mio ragazzo stamattina! Non ti ricordi?"
"E' asiatico, ha il cazzo piccolo!"
"Sei un coglione"

La musica inizia di nuovo, peccato due frasi e avrei avuto un felice risveglio.
E' Francesco che mi chiama: "Preparati oggi si va a Frisco, ho già prenotato tutto" . Mi fa sempre piacere come i miei amici non mi lascino spazio per prendere decisioni, organizzano la mia vita e sembra lo facciano anche bene.
"Ok, a che ora passi?"
"Dieci minuti e sono lì"
"Ok, cazzo"

Beh è solo un giorno, dovrei riuscire a far la valigia ancora ubriaco da ieri in dieci minuti. Negativo.
Francesco arriva, sto ancora correndo in garage a raccogliere roba dall'asciugatrice. Natalia esce dalla doccia, solo una salvietta a coprirla. Francesco la guarda, lei guarda me: "Voi due siete malati!"
"Ricordo una frase.... qualcosa come... Vorrei che il mio ragazzo parlasse meno e facesse di più, come te!"
"Stronzo"

"Dai Francy andiamo"
Sapete perchè la California è chiamata "Golden State", non è per la corsa all'oro! L'estate brucia tutto, puoi guidare per miglia e miglia e vedere solo prati secchi, questa è stata l'ora seguente.
Passiamo il pomeriggio a cazzeggiare per la città, raccattiamo il numero di telefono di due studentesse di arte appassionate di cultura italiana, ci sediamo sulla Baia a Marina e parliamo. Non ricordo esattamente di cosa parlassimo io e Francesco, ma si per certo che finiva sempre tutto con "Questa è vita".

Ci troviamo per cena con i DJs, un gruppo di miei compagni di studi, tutti figli di genitori nati in Europa ed appassionati di musica House. Loro son bravi, cazzo, se volevi andare ad un party giusto a Frisco bastava essere dove uno di loro suonava. Naturalmente il Privè gratuito, le groupie ubriache, i drink gratis e la massa di gente interessante (dove per interessante intendo esemplari umani border-line) facevano tutto ancora più divertente.
La serata è fantastica, ma i 4 o 5 Vodka Tonic non mi aiutano a far bella impressione su alcuna ragazza. Sono probabilmente l'unico esemplare maschile a cui l'alcool crea un effetto inibitorio.
Francesco è da 20 minuti avvinghiato con una Americana-Medio Orientale caldissima. La serata sta finendo, DJ1 ha finito di suonare e viene a strapparmi dal divanetto: "Dobbiamo andare ad un after party in Castro"
"Dai DJ non ho voglia di trovarmi ad una festa gay stasera"
"No, ti assicuro che è a posto"
Arriva Francesco:
"Non ci sono più donne calde per te, dobbiamo cambiare"
"Ok, andiamo"

Prendiamo un taxi, io, Francesco, la medio orientale seduta in mezzo, farfugliamo l'indirizzo ed il taxista parte come un missile. Inizio il mio show:
"Pensavo andassi in albergo a scoparti Francesco"
"Scusa?!?"
"Ma si dai, sappiamo tutti e due, scusa tutti e tre come va a finire"

Francesco conosce la scena, non riesce a trattenere le risate.
"Come fai ad essere così sicuro?"
"La tua aurea"
"La mia cosa"
"Emetti energia sessuale, emetti segnali che hai bisogno di farti una bella scopata
Ride.
"Mi fai morir dal ridere. Dai cerchiamo qualcuna con un'aurea per te ora"

DJ1 aveva ragione: non è il Castro delle feste gay, è una casa carina su una collinetta con vista su Market street. Entriamo, il padrone (penso) viene ad accoglierci: "Ecco, siete voi gli italiani"
"Piacere"
"Su entrate, prendete qualcosa da bere!"

Francesco va in bagno, mi faccio un giro con medio orientale sul balcone. Un tipo strano con i capelli più disordinati dei miei sta fumando e bevendo una birra mentre guarda la città. Sembra simpatico:
"Bella vista, huh?"
"Una figata. Amo questa cazzo di città!"
"Piacere, Henry"
"Piacere, Matt"
"Che fai di bello Matt?"
"Sono un musicista"
Ecco, adesso tutto si spiega, uno degli hippy di San Francisco.
Medio orientale si presenta e iniziano a parlare di musica.  Matt si annoia, mi guarda e inizia a parlarmi dell'Italia. In questi anni mi sono abituato: Venezia è bella, che bella Roma, ma è vero che vivete con i vostri genitori, come mai non vivi in Italia, bla bla bla. Ormai ho un nastro registrato con tutte le risposte in testa.
Francesco arriva:
"Ho trovato una calda per te"
Ci avviciniamo alla porta ed eccola: non male, personalmente avevo valutato un 7, ma come sempre immagino tutti i miei amici avrebbero al massimo dato un 5. Piuttosto magra, alta poco meno di me, lunghi capelli rossi, forse erano stati piastrati prima di uscire, ma ora sembrano un po' disordinati. Tubino nero senza spalline, tette sottodimensionate per mantenere in posizione il tubino. Sembra avere uno sguardo un po' perso, mi lascia perplesso. Guardo subito il piede: sandalo da schiava (ok, mi aspettavo un tacco, ma alle 4 di notte può andare).
"Ciao sono Henry"
"Ciao Jenny, piacere"
"Piacere mio"
"Hai un accento, che figo. Di dove sei?"
Accendiamo il nastro.
"Indovina"
"Sei italiano. Sicuro, guarda le scarpe"
"Indovinato"
"Cosa fai di bello nella vita Jenny?"
"Ho la mia company, lavoro tantissimo ed è la prima sera che esco da mesi"
Ok, ho inquadrato il soggetto. Intorno ai 32-33 anni, workaholic, qualche esperienza alle spalle, forse un ragazzo importante. Pensa che la sua company sia tutto. Sta iniziando a sentire l'orologio biologico ticchettare.
"Ah sì, molto interessante, di cosa ti occupi"
Mi aspetto qualcosa come un ristorante, un catering, un'agenzia matrimoniale.
"Una WEB Start up attiva nel Social Netwrking"
Cazzo, mi ha fregato, è intelligente.
"Ah sì, cosa in particolare?"
Devo ringraziare 4 o 5 miei professori universitari se per i successivi 20 minuti sono stato in grado di sostenere una conversazione.
Devo ringraziare lo sguardo di Francesco per avermi fatto capire che era "pronta":
"Jenny, mi spiace interromperti, ma guarda quanto cazzo è bella questa vista!"
"Dal mio appartamento ho una bella vista sulla Baia, vuoi venire?"
"Mi piacerebbe moltissimo vedere la Baia"

Scendiamo, mentre aspettiamo le scale fingo di ascoltare e ripasso il mio vademecum personale: quanto ho bevuto? Molto, ma non ultimamente. E' carina? Sì. Puzzi di alcool? Non mi sembra. Hai soldi per il Taxi? Sì. Ok andiamo. Ti interessa la vista sulla Baia? No, ma fingi ti interessi.
Il taxista arriva, lei chiede un indirizzo su Russian Hill. Io rimango stupito.
Arriviamo a casa sua. Io rimango ancora più stupito.
Entriamo in casa. Voglio svenire
Andiamo sul balcone. Adesso mi interessa la vista sulla Baia, per 20 secondi.

La vista di lei che si apre la zip del vestito mi interessa decisamente di più.
Salta fuori che Jenny, ha fondato una WEB start up che ha preso svariati milioni di dollari di finanziamenti. Dopo il college ha deciso di iscriversi ad un MBA ed ha rotto con il ragazzo di vecchia data. Negli ultimi due anni non aveva fatto sesso con alcun ragazzo.  Ama svegliare il partner performando un sesso orale da 9+.
Non sa cucinare, probabilmente nessuno l'aveva mai fatto per lei. Quindi la scappata al super market sotto casa mi ha fruttato un "Dobbiamo rivederci, sono stata benissimo". Oltre che ad un secondo orgasmo mattutino.

Non so che fine abbia fato la sua company, l'ho rivista per un caffè solo una volta.

Matt il musicista non era un hippy come pensavo, era un cazzo di cantautore americano famosissimo in California e su tutte le radio.

domenica 26 giugno 2011

I preliminari

Sono una persona normalissima, di quelle che se ti passano davanti nemmeno rivolgi uno sguardo. Chiedimelo: e allora perchè stai scrivendo? Perchè stai rubando il mio tempo? Perchè credi di avere qualcosa di interessante da dire? Ti credi meglio di me?
No, per niente. Voglio farti divertire. Farti ridere di me. Guarda come arrivo in basso.

Nel mezzo dei vent'anni mi sono svegliato: una relazione noiosa, una persona che non amavo, una vita senza un vero obiettivo. Nemmeno avevo idea di cosa fosse la felicità. L'astinenza forzata dal sesso ha fatto si che il testosterone che avevo in corpo si riversasse nel cervello togliendogli completamente ossigeno.
Ho scoperto il mondo delle donne che non conoscevo, di cui i libri non parlano, che non viene raccontato da Men's Health o GQ. 
La mia vita ha preso una strada in discesa.
Non sono particolarmente bello, media altezza, fisico nella media, scordati la tartaruga da modello di intimo e gli occhi azzurri e la chioma folta da uomo mediterraneo.
Non sono nemmeno ricco, ho fatto ogni tipo di lavoro per pagarmi gli studi. Allora cosa hai che piace? Probabilmente devo ringraziare le donne di casa: mamma lavoratrice, cresciuto con la nonnca, circondato da donne tutto il giorno, due sorelle. Ho imparato a conoscerle.
Se qualcuno vi dice che le donne sono impossibili da capire mandatelo a cagare (e già che ci siete fatevi segnatevi l'indirizzo della sua ragazza).
E poi non sono stupido, cazzo ne ho letti di libri nella mia vita, ho preso un master, parlo quattro lingue. Diciamo che so dire la frase che si aspettano, mi preparo le conversazioni mentre vado a prenderle sotto casa. Immagino cosa chiederanno, di cosa vorranno parlare (di solito le amiche sono sempre le persone più interessante del mondo), e poi inizio con la mia storia. Beh ho girato tre continenti, vissuto nei posti più assurdi. La passione, di quella ce ne va tanta, non importa quello che stai dicendo (a meno stia parlando della ex), dillo con passione.
Scegli la persona giusta. Ci sono due donne che mi stanno aspettando: l'insicura che gioca a fare la donna indipendente e la donna con la D maiuscola, tanto sicura di se stessa da non aver paura di portarmi a letto dopo 20 minuti ad ascoltare le mie cazzate.
Ricordati: non sono capace a dire no!

Voglio essere chiaro, non sono qua a scrivere un manuale di corteggiamento (per quello leggiti la biografia di Rocco) e nemmeno vantarmi di aver scopato con le donne più belle sulla faccia della terra. Voglio solo raccontarti come ho trovato un senso alla mia vita nel far felice le donne che stanno intorno a me.
Mi piace pensare che ho una sorta di ruolo sociale, che faccio tutto questo per vedere persone più sorridenti.

E l'amicizia. La vita è un cazzo di gioco di squadra, io lo credo sul serio e devo ringraziare tanti amici per aver reso così tanti benefici sociali gratuiti.

Amo la musica: vi prometto una canzone fantastica per ogni post.